Pubblicato il
05 agosto 2025
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In questo articolo, dedicato in particolare agli studenti universitari, esploriamo come riconoscere l’autocritica dannosa e suggeriamo strategie pratiche per contenerla, lasciando spazio a una crescita sana e consapevole.
L’autocritica è quel dialogo interno con cui valutiamo le nostre azioni, decisioni, risultati e l’immagine che pensiamo di trasmettere. Tuttavia, quando questo processo si tramuta in una critica incessante e severa, essa assume i tratti della tossicità e compromette la salute mentale, con conseguenze rilevanti in ambienti o situazioni particolarmente stressanti.
Recenti studi mostrano che un’eccessiva autocritica è associata a una maggiore incidenza di sintomi depressivi, ansia e disfunzioni psicologiche. Uno studio condotto su studenti universitari ha rilevato che l’autocritica è un predittore significativo di sintomi depressivi e stress accademico, anche dopo aver controllato variabili come l’ansia e la motivazione” (McIntyre et al., 2018).
La pandemia COVID-19 ha aggravato l’autocritica tossica, con uno studio europeo pubblicato nel 2024 che ha mostrato un aumento significativo di ansia (+79 %), depressione (+75 %) e stress (+42 %) tra studenti universitari, dovuto all’isolamento sociale e all’incertezza accademica (Martins & Branco, 2024).
Inoltre, uno studio su 1.022 studenti ha mostrato che un’elevata intolleranza all’incertezza predice livelli più alti di burnout accademico, e che l’auto‑compassione può dimezzare questo rischio, fungendo da strategia di regolazione emotiva efficace (Qiang et al. 2024).
Non tutta l’autocritica è dannosa: la valutazione personale, in una certa misura, è molto utile per riconoscere errori, assumersi responsabilità e adottare comportamenti più efficaci. Ad esempio, valutare con onestà il proprio rendimento accademico o la preparazione per un determinato esame possono essere un importante spunto di riflessione e di crescita, nonché uno stimolo per chiedere supporto se necessario. In questa forma costruttiva, l’autocritica è una forza motrice del cambiamento positivo.
Ma come sottolineato anche da Kristin Neff, autorevole studiosa di auto-compassione, il passaggio cruciale è mantenere un tono di gentilezza verso se stessi, evitando di cadere nell'auto-giudizio severo e distruttivo. L’autocritica sana deve incoraggiare l’auto-riflessione e il miglioramento personale, non l’umiliazione o l’autodenigrazione (Wakelin et al., 2021).
Diversi studi hanno rilevato che livelli più elevati di auto‑compassione negli studenti universitari sono associati a una significativa diminuzione dello stress percepito, dell’ansia e dei sintomi depressivi, oltre a un incremento delle emozioni positive e a un miglior equilibrio dei ritmi biologici, come dimostra il profilo del cortisolo (Zessin et al. 2015; Cowand et al., 2024).
L’autocritica tossica si manifesta, invece, come una voce che giudica senza pietà, generalizza i difetti all’intera identità personale, e attribuisce a sé stessi colpe e mancanze spesso esagerate o irrealistiche.
Questo atteggiamento porta a uno stato di stress cronico, ansia e talvolta depressione. Nei contesti universitari, la preoccupazione legata agli esami, alle performance e alle aspettative sociali può alimentare questa spirale negativa. Per molti giovani, infatti, la paura di fallire o di non essere all’altezza può trasformare la voglia di migliorare in un’ansia paralizzante.
Come possiamo ridurre l’autocritica tossica? Ecco alcuni suggerimenti utili:
Gli studenti che condividono le proprie difficoltà con amici, tutor o counselor universitari possono trovare un sollievo importante e nuove prospettive più equilibrate. Coltivare relazioni positive e un ambiente di apprendimento comprensivo è fondamentale per contenere l’autocritica tossica e promuovere il benessere mentale.
Sebbene possa sembrare un nemico, l’autocritica è in realtà un alleato prezioso se mantenuta in equilibrio. Imparare a riconoscere quando diventa tossica e adottare strategie di auto-compassione e riformulazione mentale può fare davvero la differenza e trasformare un ciclo di ansia invalidante in un’esperienza di crescita.
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Progetto selezionato nell'ambito dei due avvisi PRO-BEN 1 e PRO-BEN 2 del Ministero dell'Università e della Ricerca (MUR) per la concessione di finanziamenti volti alla promozione del benessere psicofisico e al contrasto del disagio psicologico ed emotivo tra gli studenti.